Gi – L’abito
In quasi tutte le arti marziali è uso allenarsi indossando un abito “GI” (pronuncia: ghi) adeguato. Nel Karate quest’abito è il KARATE-GI (o piú comunemente chiamato kimono), composto da una giacca “uwagi”, da un paio di pantaloni “zubon” di cotone bianco e da una cintura “obi” il cui colore designa il grado raggiunto dal praticante, da cintura bianca fino a nera, successivamente esistono altri gradi, detti dan, di cintura nera.
Si dice che la vera pratica del Karate non inizia con la cintura bianca, ma da cintura nera, poiché solo con il raggiungimento di questo livello si inizia ad essere consapevoli dei propri mezzi. Pertanto, raggiungere il primo dan di cintura nera non dev’essere visto come punto di arrivo ma come punto di partenza per migliorarsi ulteriormente. Fu il maestro Gichin Funakoshi nel 1921 ad adottare il vestito che ancora oggi viene usato nel Karate; prima non esisteva un abito fissato convenzionalmente per la pratica del karate. Ci si allenava sia con gli abiti di tutti i giorni, sia a torso nudo, in pantaloni corti o con la biancheria intima. Ricordiamo che il clima di Okinawa e caldo, e soprattutto molto caldo in estate; il problema dell’abito non si poneva quindi nello stesso modo che a Tokyo, dove l’inverno e rigido.
Questo kimono bianco, che é diventato progressivamente un indumento abituale e poi l’indumento ufficiale del karate, sarà introdotto a Okinawa come una nuova forma della tradizione. Questa testimonianza ci lascia supporre che sia a partire dal sistema del judo, che il kimono bianco e le cinture bianca e nera siano state introdotte nel karate. La tenuta di G. Funakoshi e S. Gima nel 1921 sarà ripresa a poco a poco dagli altri, e si fisserà come modello per il karate.
Questa espressione implica che il colore della cintura esprima il livello del praticante. Le cinture di colori diversi sono un’invenzione recente. Dopo gli anni Cinquanta i colori si sono moltiplicati dapprima nel judo, poi, con una decina d’anni di ritardo, questo sistema è stato ripreso nel karate. E oggi, il colore delle cinture assume via via più varietà. Tra la nera e la bianca si trovano la gialla, l’arancione, la verde, la blu, la marrone.
Il Karate-gi é dunque un derivato dall’abito dei pescatori di Okinawa ed una combinazione dello judo-gi e del tradizionale hakama giapponese; il colore bianco e l’assenza di ornamento simboleggiano la purezza e la semplicità. Il kimono nella psicologia del Budo, aiuta a mettere a nudo la propria personalità cosicché ci si possa vedere per quello che realmente si è: indossare il karate-gi è un modo per rendersi conto che sul tatami le distinzioni esteriori scompaiono e che tutto ciò che tende a diversificarsi si annulla.
G.Funakoshi attraverso il sistema dei gradi stabilì una gerarchia basata sulla capacità tecnica, espressa attraverso i colori della cintura. Intorno alla vita si trova un importante meridiano del Ki: la cintura deve trovarsi esattamente in questo punto. La cintura permette di prendere coscienza della forza che c’è in noi e di concentrarla al meglio nella zona del ventre (hara); come la cintura non deve essere mai troppo stretta o allentata così l’hara non deve essere troppo teso o rilassato.
I gradi o Dan
All’inizio, nel judo, si applicava una divisione in cinque gradi e non in dieci, come al giorno d’oggi. J. Kano ha rilasciato per la prima volta un grado di 1° dan a due suoi allievi, Tsunejiro Tomita e Shiro Saigo, nel 1883. Allora aveva solo 23 anni. Elaborò le varie tecniche di judo esercitandosi quotidianamente con i suoi allievi. La maggior parte delle tecniche di judo sono state formalizzate e denominate, d’altronde, nel corso dell’allenamento con i suoi allievi. J. Kano scrive: “Shiro Saigo era il mio più grande partner, insieme abbiamo trovato ed elaborato le tecniche del judo attuale”. Secondo J. Kano il livello di pratica di S. Saigo non era lontano dal suo, ciò che, a rigor di logica, significa che all’epoca, se J. Kano gli ha attribuito il 1° dan, egli stesso non sarà stato piu del 2° dan. Ed è con un livello che non andava oltre il 2° dan e all’età di 23 anni che egli ha fondato il judo. Tuttavia il contenuto e la qualità di questo 2° dan non sono gli stessi di oggi. E’ così che all’inizio del judo egli non ha avuto bisogno di creare molti gradi. La loro creazione è andata di pari passo con la progressione di J. Kano e dei suoi allievi e con l’espansione del suo gruppo che formava il dojo Kodokan.
Nel corso degli anni Venti, J. Kano da questo consiglio a G. Funakoshi: “Deve applicare un sistema di gradi, se desidera dare una diffusione al karate”.
E’ nel 1924 che G. Funakoshi rilascia i suoi primi diplomi di 1° dan a S. Kasuya e S. Gima; per la prima volta, il sistema dei diplomi era applicato nel karate. Gli altri maestri di karate faranno progressivamente lo stesso. All’inizio, come nel caso del judo, è stato applicato un sistema in cinque gradi, poi, molto rapidamente, si passerà a dieci gradi.
Resta un’altra domanda: a partire da che momento si è cominciato a utilizzare il termine dan?
Il termine dan era in uso in diverse discipline per esprimere il grado di una persona nelle diverse tappe della pratica della sua arte. Era utilizzato nella scuola Jigen-ryu, di spada giapponese. Era anche in uso nella pratica del gioco del go fin dall’epoca Edo.
Si utilizzava generalmente il termine dan per esprimere una progressione in tre gradini: sia shodan, nidan, sandan, sia shodan, chudan e jodan.
Tuttavia, nel budo giapponese si utilizzavano generalmente i termini kirigami, mokuroku e menkyo, per designare le tre tappe della progressione. Esistevano però delle eccezioni, e alcune scuole avevano una classificazione di gradi in sei, sette o otto dan. Il Butoku-kai, organizzazione ufficiale che raggruppava tutte le discipline del budo, fissò, nel 1902, le modalità di attribuzione del titolo di maestri nel budo. Questo comporta tre gradini, in ordine crescente: Renshi, Kyoshi e Hanshi. L’esame è organizzato dall’associazione dei maestri di budo di più alto grado del Butoku-kai, la cui sede è a Kyoto. Il Butokukai sarà sciolto dopo la seconda guerra mondiale, e i diplomi cesseranno di essere rilasciati.